Wormwood

Buongiorno a tutti!
Ecco per voi l'ultima recensione del nostro Luca Cremonesi.. buona lettura :)



WORMWOOD di Garth Ennis & Jacen Burrows

Edizioni BD

di Luca Cremonesi


“Garth Ennis (Holywood, 16 gennaio 1970) è un autore di fumetti britannico”, recita l’imprescindibile Wikipedia. “Nasce nell'Irlanda del Nord durante uno dei periodi più aspri tra dei combattimenti tra protestanti e cattolici. Mentre da un lato il governo di Londra si mostra inflessibile, dall'altro la guerriglia urbana dilaga fino ad arrivare al fatidico Bloody Sunday del 1972. Non si può dire fino a che punto questo clima di violenza politico-religiosa possa aver poi influenzato le sue opere ma è un dato di fatto che alcuni dei lavori che lo hanno reso celebre affrontano il tema della spiritualità e della fede e di come l'organizzazione dei sistemi religiosi manipoli i popoli attraverso dogmi e imposizioni di leggi morali indiscutibili e talvolta deliranti”. E fin qui tutto ok, può andare. Poi però inizi a pensare alle sue opere, in particolare a quel capolavoro che è “Preacher”, di cui da poco si trova in commercio un cofanetto da 100 euro con la serie completa, l’unico modo per averla fra l’altro, dato che è esaurita e introvabile; ma non dimentichiamoci di “The boys”… Quando pensi a questo ti rendi conto di avere fra le mani un’autentica bomba. Si tratta di uno degli autori più discussi per il linguaggio, per l’uso che fa della violenza, per il suo “disprezzo” originario per il mondo super egoistico, a cui si aggiunga uno straordinario (per chi scrive) umorismo nero. Insomma, siamo in presenza del campione del “politically scorrect” per eccellenza; e abbiamo fra le mani un fumetto davvero unico e molto interessante nel suo essere tutto questo, all’eccesso.


“LE CRONACHE WORMWOOD”, edito da BD, è il primo volume di una miniserie a cadenza irregolare (che fortuna vero?) iniziata nel 2009. I personaggi sono:

Danny Wormwood: Anticristo e produttore di serial televisivi. Ha deciso di rinunciare all'Armageddon per lasciare l'umanità a se stessa. Ha dei poteri ma può usarli una volta al giorno con i mortali.

Jay (Gesù): Il figlio di Dio, mandato sulla terra per prendere parte all'Armageddon. Dopo aver rifiutato in seguito finisce in coma per due anni a causa di uno scontro tra la polizia e il suo movimento pacifista contro la guerra in Iraq. Durante il coma ha perso un po' delle sue facoltà mentali.

Jimmy: Un coniglio parlante, uno dei pochi amici di Danny.Gli piace tormentare la gente online, soprattutto i fan di Star Wars.

Papa Jacko: Il Papa della chiesa cattolica. Australiano diventò Papa perché l'altro candidato era nero. Deviato sessualmente è in combutta con satana

Faccia di cazzo: Barista del bar preferito di Danny, il "J. Smith's". Dopo aver preso in giro Jay per le sue condizioni Danny scambia il suo naso per il suo pene.

Già da questi personaggi e della loro sommaria descrizione capite, un poco, cosa vi trovare per le mani.

Diciamolo subito, ma è solo una gentilezza che ritengo un di più non necessario, ma tuttavia è anche giusto dirlo (lo fa anche l’editore). Il fumetto è duro. È un’opera che può infastidire molti. Ripeto, è solo un’attenzione, sarebbe come mettere le avvertenze che ne so a “Sodomie in corpo 11” di Busi; “La vita interiore” di Moravia; “Angelo” di Bellezza; “Una vita violenta” di Pasolini; “Altri libertini” di Tondelli.


I rimandi e le assonanze di Wormwood, volontarie o no (propendo per questa seconda interpretazione nel primo caso che analizzo), sono davvero molteplici. Come tipo di storia, ma anche – in parte – per i dialoghi direi che si può chiamare in causa, pur con le dovute proporzioni ed attezioni, “John Doe” di Bartoli & Recchioni, dove il protagonista e alcuni comprimari sono incarnazioni terrene di entità (solitamente) astratte quali la morte, la fame, il tempo, la pestilenza, la guerra ecc… ma se questo è un rimando che, magari, la star Ennis potrebbe non aver sotto mano (e sarebbe un peccato, perché “John Doe” è un bel fumetto seriale made in Italy), di certo l’opera misteriosa di Manara e Jodorowsky, “I Borgia”, è presente nel modo di rappresentare il papa e la sua corte romana.


Piccolo inciso: “I Borgia” sono misteriosi perché doveva essere una trilogia. Ne sono usciti due volumi, splendidi, e poi niente… il silenzio… non si è più saputo nulla del terzo capitolo (se avete notizie, vi prego postatemele…).


In quell’opera di Manara e Jodorowsky il papa Innocenzo VIII e soprattutto la corte di papa Borgia (Alessandro VI), sono descritti in modo crudo: al di là della verità storica, che in questo caso il racconto dei due autori “alleggerisce” ed edulcora, di fatto l’idea alla base del comics è quella di un grande affresco sulla decadenza del santo potere romano. Anche nell’opera di Ennis la corte papale di cui si tratta, che viene subito dopo le due storiche a noi attuali, una del recente passato, l’altra ancora in corso, è vista in piena decadenza di usi e costumi, corrotta all’ennesima potenza, marcia e perversa. Tuttavia, non è corretto e sarebbe un addolcire ciò che, per una precisa volontà dell’autore, non è né dolce, né da edulcorare, né da somministrare in versione light: la corte del papa australiano è, di fatto, un bordello a cielo aperto con ogni perversione conosciuta e immaginata, consentita e permessa. Vedremo, però, in che termini è gestita e mostrata la cosa perché è ciò che rende quest’opera un testo interessante per comprendere qualcosa della dinamica dell’immaginario, ma, soprattutto, della sua costruzione nell’epoca contemporanea. Senza dubbio, da questo punto di vista, si tratta di una fra le produzioni migliori della carriera di Garth Ennis. E qui, da vecchio lettore quale sono stato, dal parrucchiere, di fumetti erotici, posso tranquillamente dire che nel disegno e nelle inquadrature non c’è nulla di volgare, ma neppure di pornografico: c’è del gran erotismo, forte e spinto, un poco perverso (non lo nego), ma solo di sesso si tratta (e come solo gli anglosassoni sanno fare). Sono tavole che, in gergo, “fanno sangue”, come le donne e i corpi che vi sono rappresentati. Se la parola non fosse abusata, direi che sono corpi di uomini e donne rappresentati in modo post-moderno, e cioè immagini costruite per celebrare la perfezione fisica; si tratta, quindi, di erotismo prodotto a tavolino e poi spacciato promuovendo canoni estetici impossibili, ma che comunque raggiungono il loro scopo che non è quello, banalmente, di provocare bassi turbamenti (non siamo nell’ambito della pornografia appunto), ma di mostrare cosa sia, oggi, il desiderio, in tutte le sue sfaccettature. Emblematica, a tal proposito, l’entrata in scena dell’incarnazione de “La meretrice di Babilonia”, una splendida donna, che muove le peggiori fantasie nel barista (“naso di cazzo”, a voi scoprire il perché… è fra le trovate più geniali della storia), un uomo rozzo e volgare alla Boe dei Simpson (ma con molto meno fascino…), che non gode della bellezza aggressiva della “Venere Nera”, ma pensa solo al godimento personale che ne potrebbe trarre. In questo, appunto, risulta il più volgare della compagine di avventori e la costruzione della tavola aiuta perchè chiara e cristallina, efficace. In sintesi: c’è dell’erotismo ovunque, come ormai c’è nella nostra società (dalle copertine dei magazine alle Veline), ma questo può essere sintomo di vera arte della seduzione, oppure pretesto per scatenare il bieco desiderio di possesso e i peggiori istinti umani (e non solo dei maschietti).


C’è poi il ricco filone narrativo del ritorno del Cristo, e qui la tradizione è “lunga”: si va, fra i più noti, da “Il Grande Inquisitore” del maestro Fëdor Dostoevskij fino a pellicole di serie B degli anni ’70 (però non perdetevi questo link: www.ilritornodigesu.it). Insomma, è una letteratura che vanta bibliografie e filmografie lunghe, vaste e ricche. In quest’opera Cristo e Anti Cristo convivono, anzi, sono “compagni di merende” perchè entrambi ribelli, ma questa definizione ancora una volta è riduttiva. Di fatto, nel ribaltamento morale che caratterizza tutto Wormwood, i due appaiono realisti, disillusi e, quindi, i più umani fra gli umani rappresentati, e i più divini fra le santità che sono in gioco. Questo ribaltamento è molto interessante, perché mostra come, di fatto, un poco di sana ribellione all’ordine costituito, oggi, sia quanto meno un parametro necessario di normalità. Ancor più direi: l’ultimo baluardo nel mare sconfinato dell’assenza di tutto (senso civico, valori, ideali, amore, eros, amicizia e così via…). Se il mondo dilaniato dei Super Eroi, prima nella “Civil War”, poi nella “Secret Invasion” e infine nel “Dark Regin”, ha mostrato che alla fine un baluardo di civiltà – intesa come condivisione di valori comuni – è necessario, ripristinando Capitan America (redivivo) a capo dei Vendicatori, così Wormwood ci mostra come l’illusione di tranquilla e pacata socialità nella quale siamo ormai condannati a vivere non sia che… illusione appunto. Tutto è falso, ma questa menzogna è talmente falsa che ha bisogno solo ed esclusivamente di mentitori, di bastardi e di truffatori per stare in piedi. E se questi sono protagonisti è ovvio che l’etica imperante sia, di fatto, la loro; etica che, a questo punto è chiaro, è comunque sempre ispirata da un osceno nascosto che, di fatto, si vorrebbe reale e visibile. Detto in altri termini: il retro osceno è ciò che mantiene viva la realtà e la sua etica, appunto. Quando poi si tratta dell’ambito del potere, all’osceno si aggiunge la perversione e il cinismo spietato. Di conseguenza: se abbiamo a che fare con pirati e mercanti, avremo a che fare con la loro etica, con la oro realtà, con il loro immaginario e con il loro modo di vedere il mondo.


Vero è che Wormwood è un’opera dura e cruda dove, finalmente, l’ideologia del “politicamente corretto”, concetto caro al filosofo Slavoj Zizek che ne ha scritto in modo assai interessante, soprattutto in “Dalla tragedia alla farsa” (Ponte alle Grazie), qui è finalmente messa in ginocchio. Non c’è alcun gusto del volgare e neppure la ricerca della parola o della situazione eclatante: Ennis mina il politicamente corretto perché afferma verità che non si ha il coraggio di dire, ma che tutti sanno. Non si tratta di nulla di clamoroso e neppure di inutili dispacci modello Wikileaks, ma di verità note che però, e qui Zizek ci è ancora d’aiuto, siamo soliti conservare come fantasie necessarie a tenere in piedi la nostra realtà. Mi spiego: che il potere abbia a che fare con la perversione sessuale è cosa nota. Lo scandalo non è il fatto in se, vecchio come il potere, ma mostralo, renderlo evidente. Toglierlo dalla sua condizione di o-sceno e metterlo, quindi, in scena, in primo piano. Il gesto, però, non è potente perché rende evidente questa verità (già nota), ma di fatto perché toglie l’invisibilità all’ambito dell’immaginario: diventa così visibile ciò che, per sua natura, dovrebbe essere solo invisibile. Non è più un retro, ma diventa presenza, davvero imbarazzante. Lo scandalo, dunque, è nel rendere visibile l’immaginario, nel dargli realtà; non si tratta più solo di chiacchiera, ma verità e realtà in carne ed ossa: si incarna ed è il crollo del mito, di un’immagine, di un non detto che però, fino a quel momento, era necessaria per reggere la realtà così come era organizzata. La cosa è complessa, me ne rendo conto, ma il fumetto tratta di questo, di temi di scottante attualità: violenza, sesso e perversione del potere, devianze varie degli uomini religiosi (e sono stato soft nel mio scrivere…). Ciò che il fumetto mostra, dunque, non è la nostra realtà: non è un fumetto sulla nostra società. È di più: è un’opera che ci mostra quello che siamo e, soprattutto, quello che desideriamo che sia la nostra società e, ecco il pregio, quello che siamo disposti a tollerare perché la nostra società sia quello che, di fatto, è (e che desideriamo che sia). Qui sta il corto circuito ovviamente, perché desiderando che il tutto sia così, di fatto, questa società perversa, cinica e spietata, l’abbiamo creata davvero così, a sua immagine e somiglianza – di quell’immaginario che desideriamo proprio perché non lo vediamo. Gli abbiamo dato corpo, senso, sogni e umanità. Lo abbiamo reso visibile e ora ci spaventa, ci disturba, ci mette in crisi. Ecco perché un’opera come Wormwood può disturbare il lettore, ma in realtà non si tratta affatto di qualcosa di eclatante, ma solo di ciò che diventa – finalmente – visibile. Capite, ora, perché non volevo mettere le avvertenze?


In conclusione, il giudizio sull’opera. Positivo, senza dubbio, ma è necessario sospenderlo, per vedere che direzione prenderà la saga.… che purtroppo, come già detto, sarà a cadenza irregolare.





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